Nicolò Amato: “Martelli disse no al 41 bis per 5000 mafiosi”

Nicolò Amato

NICOLO AMATO CONTRO MARTELLI

Nicolò Amato era il direttore delle carceri mentre si scriveva la pagina più nera della prima Repubblica: dalle stragi del biennio ’92-’93 alla trattativa tra Stato e mafia, quando il carcere duro per i boss divenne merce di scambio. L’ex capo del DAP racconta la sua verità e fa riemergere ricordi a lungo sopiti, sostanziati da documenti destinati a mettere in imbarazzo alcuni tra i più importanti protagonisti del tempo, come gli ex ministri Martelli, Conso e Mancino.

AMATO E LE SUE VERITA’

Le sue parole ai microfoni di Walter Molino per Servizio Pubblico, programma di Michele Santoro: “Ero convinto che il punto nodale fosse il passaggio dal decreto dal ministro alla legge dello stato. Proponevo di sostituire l’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario con una norma che rendesse obbligatorio il controllo audio e la registrazione dei colloqui dei detenuti per impedire concretamente le comunicazioni dei mafiosi con l’esterno; nessuno mi rispose. Martelli? Il 3 luglio 1992 gli scrivo una lettera in cui cito 121 carceri o sezioni di carceri nelle quali destinare i circa 5300 detenuti di mafia che erano al tempo presenti nella popolazione carceraria. Contestualmente gli chiedo l’emanazione di un decreto per dare il 41 bis questi mafiosi. Martelli non mi risponde ma invia la mia proposta a un ufficio legislativo e chiede un parere. Vennero espresse delle riserve e quella proposta rimase nel limbo dell’indifferenza”.