Marco Travaglio: Walt Disney e Fantasia Renzi

Premessa: noi speriamo davvero tutti che Renzi ce la faccia, ma ci sono dei momenti in cui è davvero difficile credergli. Soprattutto l’altra sera da Fazio, quando per rendere più credibili le sue promesse economiche non è che ha citato Einaudi o Keynes, ma ha citato Walt Disney. E lì un brivido ha percorso la schiena degli italiani, almeno di quelli che si ricordano chi era Walt Disney, il re del cartoon e del fumetto. Poi la citazione peraltro non era neanche male: “La data è la differenza tra un sogno e un progetto”. E – ha aggiunto Renzi- “io ci ho messo la data: mercoledì taglio le tasse”. Quindi il progetto è una data fra sogno e progetto. Come il bacio: un apostrofo rosa fra Ti e Amo. Ma anche come il bidone: una data fasulla fra Ti e Frego. Stiamo attenti.

Mercoledì era ieri: il gran giorno della conferenza stampa, anzi di questa televendita pirotecnica. in stile “Potevamo stupirvi con effetti speciali”. Renzi alla lavagna coi disegnini, il pesciolino e i numeretti era meglio di Wanna Marchi con le pirofile e di Mastrota con i materassi, e infatti sul web lo hanno subito accostato. Dell’Utri gli ha subito fatto i complimento: “Lo assumerei oggi” a Pubblitalia. Per carità, qualcosa di buono ha promesso, anche se gli unici miliardi certi erano quelli stanziati da Letta: lui se li è rivenduti dopo averlo accusato di aver truccato i conti Però di leggi che certifichino quello che lui ha detto ancora non se ne sono viste. Però le aspettative che aveva creato promettendo tutto a tutti erano tali e tante che, anche se regalasse i soldi in piazza alla gente, tutti gli direbbero: ”Beh, tutto qua?”.

17 febbraio: Renzi riceve l’incarico al Quirinale. “Faremo una riforma al mese. Febbraio, riforme costituzionali ed elettorali: Italicum e abolizione del Senato. Marzo, riforma del lavoro. Aprile, riforma della PA. Maggio, riforma del fisco. Giugno, riforma della giustizia”. Poi si riposa. Purtroppo però febbraio è già finito e le riforme costituzionali sono in alto mare. Marzo è a metà e il Jobs Act è ancora un libro dei sogni. E gli altri mesi sono già tutti impegnati, come abbiamo visto. In effetti però Renzi, furbo, non dice febbraio, marzo, aprile eccetera con l’anno: lui non precisa mai di quale anno, quindi siamo fiduciosi.
22 febbraio. Il governo è pronto, Renzi dà la linea ai suoi  ministri e dice: “Tanti fatti, pochi annunci, basta spot: concretezza e tacere. Ma vale per gli altri e non per lui, che oltre a parlare sempre twitta anche come un forsennato, comincia alle 6.30 del mattino e non si ferma più ”. (continua dopo il video)

24 febbraio. Renzi ottiene la fiducia al Senato: “Voglio uscire dal Truman Show, siamo qui per parlare il linguaggio della franchezza, al limite della brutalità”. E infatti spara subito una serie di razzi, un annuncio dopo l’altro. Numero uno: “Subito riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale”. Lì qualcuno pensa che la doppia cifra sia  in percentuale, ma lui rettifica: “Cosa avete capito! La doppia cifra è riferita ai miliardi”, saranno quindi almeno 10, e non alle percentuali”. Numero 2: “Sblocco totale – attenzione – e non parziale dei debiti delle PA per dare uno choc”. Annuncio numero 3: “Aumento del Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese” (già aumentato da Letta a 95 miliardi). Annuncio numero 4: rilancio dell’edilizia scolastica (1,8 miliardi già stanziati da Letta). L’Unità si beve tutto e il giorno dopo titola: “Terapia shock: subito 60 miliardi”. Punto, punto e virgola, due punti.

25 febbraio. Fiducia anche alla Camera, poi Renzi sfreccia a Ballarò e spara qualche altro fuoco d’artificio: “Entro 15 giorni il decreto per sbloccare 60 miliardi alle imprese”. Ieri si è scoperto che non c’è nessun decreto, al massimo un disegno di legge che arriva. “Entro un mese taglio il cuneo fiscale con le coperture”. Ieri ha detto che le coperture le annuncia fra 10 giorni e i primi effetti sula busta arriveranno dal 1° maggio. Campa cavallo.

26 febbraio: Renzi è incontenibile, anzi incontinente: gli scappano altri annunci. Primo: “Entro il 10 marzo censimento per una verifica puntuale sul patto di stabilità per capire quanto possono sforare i Comuni”. Il 10 marzo era tre giorni fa e non è successo niente, il patto di stabilità rimane stabile lì dove è. Secondo annuncio: “Il 17 marzo, all’incontro con la Merkel, avrò pronto il piano sul lavoro”. Il 17 marzo è fra tre e il Jobs Act sarà un disegno di legge delega, che poi il governo, quando sarà approvato, dovrà fare pure i decreti delegati quindi se ne parla fra un paio d’anni. Intanto i giornali segnalano le prime frizioni fra Palazzo Chigi che è tutto renziano e il ministero dell’economia che è tutto lettiano e dalemiano. Infatti La Stampa titola: “Il premier: subito 60 miliardi per pagare le imprese. Ma Padoan non è convinto”. E il Corriere rilancia:  “Allo studio un taglio del 30% dell’Irap”. Intanto mentre litigano il governo dà il via libera ai Comuni per aumentare la Tasi a tutti, tranne alla Chiesa, ci mancherebbe altro.

28 febbraio, altri annunci quotidiani. Turbo Renzi annuncia un turbo-piano per il lavoro. E infatti l’Unità titola così: “Ora un Jobs Act da 100 miliardi”. Repubblica: “Sussidio disoccupazione anche per i precari:1000 euro al mese per chi perde il posto. Il piano costerà 8,8 miliardi in tutto”. E allora sono 100 o 8,8 miliardi? Mistero.

5 marzo. Renzi zompa a Siracusa nella scuola dei piccoli balilla che cantano e anche lì gli parte un annuncio. È come Stranamore quando gli partiva il braccio, è più forte di lui, e dice:  “Mercoledì sblocco il Patto di stabilità soprattutto al Nord”. Mercoledì era ieri, ma il patto di stabilità è rimasto stabilissimo come prima. Intanto l’Europa denuncia che l’Italia ha il record dei conti squilibrati con Slovenia e Croazia, che le abbiamo fatte entrare apposta per non essere sempre gli ultimi. Renzi dà la colpa a Letta e Saccomanni che stavolta s’incazza – anche Saccomanni ogni tanto si incazza – e lo costringe a smentire.

8 marzo, festa della donna, e infatti salta la parità uomo-donna nell’Italicum e il cuneo fiscale è un casino totale. I 10 miliardi di tasse si tagliano all’Irpef o Irap? Ogni giornbale capisce a modo suo. Repubblica: “Il governo si spacca. Renzi: no al derby” Corriere: “Taglio dell’Irpef e dell’Irap”. La Stampa: “Irpef e Irap, tagli a metà. Padoan vorrebbe agevolare le imprese, Renzi cerca il compromesso. Spunta l’ipotesi di un intervento bilanciato”. Poi parla Filippo Taddei, il guru finanziario di Renzi, che dice: “Riduzione contestuale del 10% dell’Irap e di 5,5 miliardi di Irpef” Un po’ e un po’. Poi parla Padoan al Sole 24 Ore e dice: “O tutto sulle imprese, quindi Irap e oneri sociali, o tutti sui lavoratori, attraverso l’Irpef”. Parla anche Alfano: “Serve un’azione duplice, riduzione Irap per le imprese e Irpef per i lavoratori”. Ma dato che è Alfano non lo sta a sentire nessuno.

Renzi va da Fabio Fazio, smentisce il fifty fifty Irap-Irpef ma non dice chi ha vinto il derby. “Mercoledì tagliamo le tasse. 10 miliardi con un occhio alle famiglie’” e dice: “Sono stupito perché non mi crede nessuno”. Ma va? Chissà come mai? E lì per rafforzare la posizione cita Walt Disney. Corrado Guzzanti su Fb annuncia: “Domani Renzi abbasserà le tasse. Il fenomeno sarà visibile per alcuni minuti anche in Italia, verso la mezzanotte”.

10 marzo: finalmente sciolta la riserva. I 10 miliardi del cuneo sono tutti sull’Irpef, però i giornali scrivono che manca la copertura, tant’è che si pensa addirittura  di risparmiare sugli F-35, ma è solo un attimo proprio, poi passa.
Infatti l’11 marzo contrordine, ragazzi:  Fonzie annuncia che di soldi ce n’è persino troppi. “Abbiamo una copertura doppia fino a 20 miliardi, pure per dare le mance in giro”. Allora i casi sono due: o ha rivinto alla Ruota della Fortuna e non ce l’ha detto oppure è come la Banda degli onesti, dove Totò e Peppino trovano le matrici della zecca sopra all’armadio e vanno a  stampare moneta di notte nella tipografia.

Torna in mente la finanza creativa del povero Tremonti, che Corrado Guzzanti immortalava mentre faceva e rifaceva i conti di notte che non tornavano mai e così puntava tutto sulle corse – si informava: “A quanto è dato Trottolino?” – e poi esultava: “Ho trovato, diamo via la Sardegna, e se lo dico io è perché ho già il compratore”. Infine si presentava in una conferenza stampa molto simile a quella vista ieri e diceva: “Abbiamo stanziato 30 miliardi per gli ammortizzatori sociali, 30 miliardi per le imprese, 30 miliardi per i pensionati”. Allora il giornalista diceva: “Quindi 90 miliardi?”. E lui: “No, 30. Io vado dai sindacati e dico: vi do 30 miliardi, ok? Segnate che ve li ho dati. Ora però me li porto via un attimo e vado dalle imprese: vi do 30 miliardi, ok? Segnate che ve li ho dati. Adesso però me li riprendo un momento e vado dai pensionati: vi do 30 miliardi, ok? Segnate che ve li ho dati…”. Però adesso li riprendo un attimo. Al che i giornalisti obiettavano: “Ma questo è il gioco delle tre carte”. E lui: “No, delle 30 carte. Comunque, se non le bastano 30, facciamo pure 40, per me fa assolutamente lo stesso”.

Speriamo che Renzi sia un’altra cosa. Altrimenti piacerà solo alla buonanima di Walt Disney. Che ha fatto pure dei gran film. Il più famoso si intitolava “Fantasia”.