Processo Borsellino, Pm: ‘Certo il depistaggio’. L’esclusiva col falso pentito Scarantino

Borsellino Scarantino
Processo Borsellino

Processo Borsellino. “Il depistaggio sulla strage di via D’Amelio è un dato ormai acquisito. Le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza sono state dirompenti. Hanno consentito di aprire una nuova stagione giudiziaria. Hanno sgretolato le certezze arrivate dai precedenti processi per l’attentato del 19 luglio ’92 che avevano resistito a tre gradi di giudizio. A lui si deve la genesi di questo processo”. Così il procuratore aggiunto Gabriele Paci ha aperto la requisitoria nel quarto processo per la strage di via D’Amelio.

Davanti alla Corte d’assise nissena sono imputati per strage Salvo Madonia e Vittorio Tutino. Per calunnia i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci. “Gli ex pentiti che avevano fornito false dichiarazioni – ha aggiunto il Pm e come riporta l’Ansa – hanno ammesso la loro colpa. ma a loro nulla si deve perché la loro confessione non è stata spontanea ed è arrivata quando era ormai certa l’esistenza del depistaggio. Abbiamo il sospetto che tale depistaggio non sia stato l’unico”.

Processo Borsellino: Il falso pentito

Il falso pentito Vincenzo Scarantino parlò per la prima volta in video a Servizio Pubblico di Michele Santoro. L’uomo che si era accusato, salvo poi ritrattare tutto, di aver procurato la Fiat 126 che, imbottita di tritolo, causò la morte di Paolo Borsellino. Scarantino è un picciotto di borgata quando nel 1992 viene arrestato per la strage di via D’Amelio. Dopo un anno di carcere duro a Pianosa, decide di collaborare spiegando per filo e per segno come e perché sia stato organizzato l’omicidio Borsellino. La sua testimonianza ha sancito ergastoli e scritto una delle pagine più buie della storia del nostro Paese. Quando a sorpresa nel 1998, ha deciso di ritrattare tutto. Puntando il dito contro poliziotti e magistrati che a suo dire lo avrebbero costretto a testimoniare ciò che non ha mai fatto, visto o sentito.

Scarantino, nell’intervista esclusiva di Dina Lauricella, racconta per la prima volta come un gruppo di poliziotti lo facesse studiare, preparandolo agli interrogatori: “Le sere prima mi leggevano tutto e io dovevo memorizzare quello che sentivo.”