Damilano su Aldo Moro: “Le BR dissero: «Tutto sarà reso noto». Perché non l’hanno fatto?”

L'intervista al direttore de l'Espresso

Ai microfoni di ‘M‘, il programma di Michele Santoro in onda dal 10 maggio in prima serata su Rai 3, parla Marco Damilano, direttore de l’Espresso e autore del libro su Aldo Moro ‘Un atomo di verità’ edito da Feltrinelli: “Per molti anni si è pensato a Mario Moretti come capo delle Brigate Rosse. Io penso che chiederei invece a Valerio Morucci di spiegare dove hanno portato Moro, che fine hanno fatto le sue lettere, che fine ha fatto il Memoriale” – spiega Damilano – “E perché hanno scritto nel comunicato che accompagnava la lettera a Cossiga: ‘Tutto sarà reso noto, diremo tutto al popolo’. Da un certo momento in poi hanno infatti cominciato a tenere tutto segreto”.

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Damilano su Aldo Moro

Per il giornalista è questa “la domanda su cui ruotano tanto altre domande: perché c’è stato un passaggio improvviso dalla trasparenza alla segretezza? Fino al punto in cui non abbiamo le carte originali, non abbiamo le registrazioni…Eppure era nel loro interesse diffondere il più possibile questi documenti”. Damilano si sofferma poi sul ruolo politico del presidente della Democrazia Cristiana ancora oggi: “Far parlare Moro di politica significa cercare di liberarlo almeno dalla seconda prigionia in cui è stato rinchiuso”.

Damilano su via Fani

“Forse c’è chi ricorda le Brigate Rosse più di quanto lo Stato ricordi la strage. E questo mi amareggia moltissimo”. Marco Damilano su Via Fani spiega il suo punto di vista anche su Via Fani e la lapide che ricorda i cinque agenti della scorta uccisi dal commando rosso nuovamente imbrattata da ignoti. Per il direttore de L’Espresso “via Fani è un luogo dove c’è la storia ma non c’è la memoria, come scrisse Giuseppe D’Avanzo in un articolo di qualche anno fa”.. “Quella lapide è arrivata 40 anni dopo. C’era un piccolo ricordo, in un angolo, e non si capiva bene cosa fosse successo” – racconta Damilano – “Lo Stato ci ha messo 40 anni per ricordare i cinque agenti come meritavano. Chi fa le scritte – mi chiedo – ha una storia o una memoria? Forse anche le Br sono diventate uno di quei loghi che non si sa bene cosa rappresentino, qualcosa di molto tipico in una società dove la memoria è liquida, elastica. Oppure no”.