Affoghiamoli tutti? L’orazione civile di Vauro sulla strage dei migranti

Il 57% degli italiani secondo un sondaggio non vuole che Salvini vada a processo. Vauro cita Guccini per denunciare la strage dei migranti

Secondo un sondaggio realizzato da Emg – Acqua e diffuso da Agorà il 57% degli italiani pensa che Matteo Salvini non vada processato per i fatti del 14 e 15 agosto scorsi, quando il Ministro dell’Interno ordinò alla nave della Guardia Costiera “Diciotti”, di non sbarcare nel porto di Catania i 177 migranti soccorsi nel Mediterraneo.

Il Ministro dell’Interno, che è accusato di sequestro di persona a scopo di coazione, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale sembrava inizialmente disposto a farsi processare, ma in una lunga lettera al Corriere della Sera ha successivamente invitato il Senato a non approvare l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti, argomentando di “aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese”.

Vauro, da tempo in polemica con con Salvini per le scelte del governo sul tema dei migranti, ha scelto di richiamare l’attenzione sulle implicazioni della politica di chiusura dei porti e lotta alle ONG con questa orazione civile dedicate alle migliaia di vite umane perdute nel Mediterraneo, ispirata al brano Auschwitz di Francesco Guccini.
Ecco il testo integrale:

Son morto con altri cento, son morto ch’ero bambino,
nel buio abisso marino e adesso sono sul fondo, e adesso sono sul fondo.

Sul mare c’era la nebbia e l’onda si alzava lenta
nel freddo giorno d’inverno e adesso sono sul fondo, adesso sono sul fondo.

In barca tante persone, ma un solo grande silenzio
è strano non riesco ancora a sorridere qui sul fondo, a sorridere qui sul fondo.

Io chiedo come può un uomo scordarsi di un suo fratello
eppure siamo a migliaia senz’aria qui sul fondo, senz’aria qui sul fondo.

Ancora taccion le voci? Ancora non è contenta l’indifferenza umana?
Qui adesso mi parla il mare, qui adesso mi abbraccia il fondo.

Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e l’onda si placherà, e l’onda si placherà.

Sono morto con altri cento, son morto che ero bambino
nel buio abisso marino e adesso sono sul fondo, e adesso sono sul fondo.

 

L’ispirazione: Auschwitz, il brano-denuncia di Francesco Guccini sull’Olocausto

Auschwitz, il cui titolo completo è La canzone del bambino nel vento (Auschwitz) è un canzone scritta da Francesco Guccini nel 1964. Il brano venne pubblicato per la prima volta due anni più tardi, nel 1966, come facciata B di un 45 giri del complesso beat emiliano Equipe 84. Guccini registrerà per la prima volta la canzone l’anno successivo, per pubblicarla nel suo disco d’esordio dal titolo Folk beat n.1. Da allora la canzone, che denuncia la crudeltà e l’indifferenza umana con la voce immaginaria di un bambino morto nel campo di concentramento tedesco di Auschwitz, è considerata una delle canzoni simbolo del cantautore modenese e fra le più toccanti scritte sulla tragedia dell’Olocausto. Ecco il testo originale:

Son morto con altri cento, son morto ch’ero bambino,
passato per il camino e adesso sono nel vento e adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento
nel freddo giorno d’inverno e adesso sono nel vento, adesso sono nel vento.

Ad Auschwitz tante persone, ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento, a sorridere qui nel vento.

Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento.

Ma ancora tuona il cannone e ancora non è contento
di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà.

Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà e il vento si poserà.

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