D’Alema spiega la “Nuova via della Seta”: perché il governo è caduto in trappola (ma non dobbiamo avere paura)

Il Presidente della fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema analizza il memorandum d'intesa “Belt and Road” fra Italia e Cina sull'apertura della "Nuova via dal seta”

Il Presidente della fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema alle telecamere di Servizio Pubblico analizza il memorandum d’intesa “Belt and Road” fra Italia e Cina sull’apertura di una  “nuova via dal seta”: si tratta un patto strategico che il presidente cinese Xi Jinping, domani atteso al via della visita di Stato in Italia con una delegazione composta da 500 membri, definisce come un’occasione di sviluppo per ” il partenariato strategico globale e la cooperazione a tutti i livelli tra i nostri governi, parlamenti, partiti ed enti locali”. L’iniziativa, che prevede complessivamente programmi di cooperazione e investimento con 152 Paesi, è stata duramente criticata dagli Stati Uniti per i timori che possa trasformarsi in una sorta di cavallo di Troia per far prevalere gli interessi di Pechino in Europa. Davvero il memorandum “Belt and Road” può trasformarsi in un’operazione di colonialismo d’affari, come gli americani denunciano sia avvenuto in Cina e Africa?
Quali vantaggi può trarre l’Italia dall’iniziativa?

“Credo che ‘Belt and Road’ sia una grande opportunità. Un programma di investimenti e sviluppo dell’interconnettività materiale sul trasporto di merci ma anche sul piano di scambio culturale e politico” esordisce Massimo D’Alema “ma non è che la Cina faccia beneficenza: ci si confronta con una grande potenza e il punto è respingere qualora ci fossero, volontà egemoniche. Ma L’Europa è perfettamente in grado di confrontarsi da pari e trarne vantaggio, si tratta di un argomento di discussione sciocco”.

D’Alema invita invita a leggere nella giusta prospettiva le resistenze americane sul memorandum:

“Gli Stati Uniti non si preoccupano degli interessi occidentali, ma di quelli americani” attacca. Gli USA vogliono un abbattimento dei dazi sul mercato cinese nel settore agroalimentare e se avranno successo sarà un danno per noi. Con Trump hanno messo da parte la politica mondiale che aveva a cuore l’ordine liberale mondiale, il motto America First mette, invece, in primo piano gli interessi americani, che non necessariamente coincidono con i nostri”.

Poi la stoccata la governo:

“Il dibattito sulla questione mi è sembrato provinciale: non so che necessità ci fosse di firmare un memorandum, altri Paesi europei hanno relazioni ben superiori alle nostre con la Cina senza che sia stato firmato alcunché. Credo che il governo, anche per una certa inesperienza, sia caduto in una trappola: dare una grande evidenza a poca sostanza, c’è stata molta pubblicità che ha suscitato polemiche abbastanza inutili. Qui si tratta di favorire investimenti cinesi in Italia, proporre il nostro Paese come approdo di un flusso di merci, che è destinato a crescere nei prossimi anni di 10 volte, che tutti i porti europei si litigano, e favorire le nostre esportazioni in Cina con determinate garanzie”

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