Lerner: “La cittadinanza a Rami non è un regalo, ma un diritto. Io attesi ingiustamente 30 anni”

Il giornalista Gad Lerner interviene nel dibattito sullo Ius Soli apertosi dopo il gesto eroico di Rami Shehata nel dirottamento dello scuolabus a Crema

Rami Shehata è il 13 enne che insieme a Adam El Hamami ha lanciato l’allarme sul dirottamento e il sequestro dell’autobus da parte di Oyssenou Sy nella mattinata del 20 marzo, nei pressi di San Donato Milanese.

Dopo il gesto eroico dei due ragazzi si è aperto un dibattito nel mondo della politica e in rete sullo Ius soli e la concessione della cittadinanza italiana al ragazzo di origine egiziana, che ha portato a un vero e proprio scontro nelle file del governo. Da subito si è dichiarato favorevole il vicepremier Luigi Di Maio mentre Matteo Salvini ha manifestato un scetticismo sfociato nei giorni seguenti in una chiusura netta, prima dell’inversione di marcia che lo ha portato nella giornata di ieri a dichiarare: “Sì alla cittadinanza a Rami, è come se fosse mio figlio”.

Ai microfoni di Germano Longo per Servizio Pubblico parla il giornalista Gad Lerner, finito al centro delle polemiche per le sue riflessioni sul gesto di Oyssenou Sy:

Salvini ha un atteggiamento che oscilla fra il bullo e il paternalismo. Ma la cittadinanza non è un regalo, è un diritto. Allo stesso modo, anche se è un ragionamento più impopolare, dico che è pericoloso parlare di revoca della cittadinanza per l’autista. Verrà punito, quasi certamente, per le sua condotta criminale. Che senso ha invocare un’ulteriore punizione che consiste nella revoca della cittadinanza? È un provvedimento che non era contenuto neppure nelle leggi razziali del 1938 e la nostra Costituzione lo vieta esplicitamente”.

Lerner, giunto in Italia nel 1958 come apolide, mostra il documento con cui Sandro Pertini gli concesse la cittadinanza: “Erano trascorsi trent’anni dal mio arrivo in Italia. Nel frattempo avevo fatto le scuole e lavoravo qui come giornalista. Ma era a discrezione dello Stato italiano quando riconoscermi la cittadinanza a cui avevo diritto. Era un’ingiustizia e lo è ancora oggi. Ed è questo che distingue l’Italia da altri Paesi, che hanno anche politiche meno permissive sulla cittadinanza, ma che rispettano le tempistiche previste dalla legge”.