Dio, Patria, Famiglia. E resistenza. Eccola la “democratica” Verona, a.d. 2019

Verona. “Ho ancora negli occhi l’immagine di quella ragazzina di 15 anni. Arrivò gravissima in ospedale, morì poco dopo. Il padre l’aveva violentata, lei aveva cercato di procurarsi un aborto. Non ci fu niente da fare”. Le ragazze attorno a lei probabilmente venticinque anni non li hanno ancora compiuti. Piercing, fascia fucsia, sguardo pulito, le loro parole le hanno affidate a uno striscione che sfida il patriarcato e i divieti della piazza – “qui oggi non ci dovevate venire, ci state mettendo in difficoltà” le rimprovera la dirigente della Digos “dovete andare via”.

In effetti la contromanifestazione delle femministe all’evento della sacra famiglia era prevista nel pomeriggio. Partenza da piazza XXV aprile, due km dalla Cittadella. Per mettere distanze fisiche a quelle ideologiche, la tensione è palpabile. Immotivata e incomprensibile, assicurano i veronesi. Comunque sia le ragazze, arrivate in pulman dal Piemonte, e la dottoressa in pensione che ha visto una marea di donne morte in corsia per una gravidanza non voluta, sono lì in presidio. “La legge 194 è indispensabile come garanzia di diritto alla salute”, sottolinea. “Del resto sono scelte personali, non può dettarle la politica”.

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Poco più in là un nugolo di telefonini e telecamere si affolla su un gruppetto che si azzuffa. A parole. C’è chi invoca il complotto delle lobby che usano gli omosessuali, anzi gli lgbt, come pedine del proprio disegno di conquista: la distruzione della famiglia naturale. Quella voluta da nostro Signore fin dai tempi di Adamo ed Eva, “il pilastro della nostra società cristiana: mamma, papà e figli. La famiglia giusta”. “Non fate altro che fomentare l’odio”, rintuzzano dall’altra parte. “Non c’è nessun nemico, noi siamo per l’amore”. Gli animi si scaldano, ci si parla addosso. Nessuno si ascolta.

“Salvini uno di noi! Salvini uno di noi!”. Pitbull al guinzaglio e boria al seguito, passa un giovane che inneggia al ministro dell’Interno. Urla, offende i presenti dalla presunta aria “di sinistra”, poi se la prende con la dirigente della Digos. Si fronteggiano, la poliziotta prova ad allontanarlo, lui, incurante della divisa che pure dice di rispettare, la insulta:”Cogliona!”. Non viene arrestato, se ne va. L’altro con cui si accompagna ha tutto il tempo per minacciare un omosessuale già vittima di aggressioni omofobe nei mesi scorsi. Ben due. Una sotto gli occhi di tutti, in piazza Bra. Colpa grave, passeggiava mano nella mano con il marito. La seconda ancor più vigliacca. Trenta litri di benzina rovesciati in casa, “volevano bruciarci vivi”, racconta, scosso come se fosse accaduto due giorni prima. L’ennesima minaccia arriva in diretta, “Cane randagio, ricordati che sei a Verona!”.

Eccola la democratica Verona. Attraversata in quarantotto ore da due fiumi che scorrono in direzioni ostinate e contrarie. La marea femminista, venticinquemila donne che ballano insieme a Marta Dillon, la grande madre argentina di “Non Una Di Meno” volata in Italia per difendere i diritti delle donne italiane, che sono quelli di tutte le donne del mondo. Diritti sotto minaccia, pericolo fascismo. “Vogliono portarci via tutto: l’aborto, il divorzio, tutte le nostre conquiste”, dicono le donne del ’78 ritornate in piazza. “Finalmente le nostre ragazze si sono svegliate”. E questa è la resistenza. Gli avversari di questa partita – che rifiutano i panni da medievali che i “sinistrorsi” gli hanno affibbiato, si affacciano sotto il cielo del giorno dopo. Palco e corteo, corteo e palco. “Siete una piazza di eroi. Gli eroi sono quelli che non hanno paura degli attacchi. Siamo stati trattati come spazzatura, come letame”. Il leader del Family Day, Massimo Gandolfini avanza tra la folla, acclamato dai fedeli, in tutti i sensi. “Un Capitano, c’è solo un Capitano! Massimo, Massimo!”. Lui benedice tutti, elogia una ragazza che a 29 anni ha già dato alla luce otto figli, “è questo il futuro”, dispensa abbracci e saluti, chiama tutti per nome. “Il Family Day non ha nessun partito di riferimento”, sottolinea dal palco, “Piantiamola di sentir veicolare stupidaggini”. Sarà. “Ma se Salvini continua così”, dice qualcuno, “sarà presto il nuovo Papa”.

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