Il conflitto familiare di Tria

Il ministro dell'Economia è finito sui giornali perché il figlio della sua seconda moglie è stato assunto dal compagno della sua consigliera. Ma dietro la rissa con il M5S c'è di più

Il ministro Giovanni Tria è fermamente convinto che sia stato il MoVimento 5 Stelle a guidare gli “attacchi” nei suoi confronti per la chiacchierata consigliera del MEF Claudia Bugno. E se è vero che la prima gallina che canta di solito è quella che ha fatto l’uovo, in effetti è stato il grillino fustigatore di costumi bancari (altrui) Gianluigi Paragone a sbandierare sui social network il pezzo di Giacomo Amadori sulla Verità che raccontava del figliastro di Tria Niccolò Ciapetti e della sua assunzione in Tinexta, società guidata dal compagno di Bugno, Pier Andrea Chevallard.

E adesso la Bugno è stata candidata da Tria per una poltrona importante, nel consiglio di sorveglianza della società italofrancese STMicroelectronics (adesso pare invece che venga dirottata all’Agenzia Spaziale). Solo una coincidenza o uno scambio di favori?

In effetti il 20 febbraio scorso un’interrogazione firmata dal M5S aveva acceso per la prima volta un faro sulla consigliera Bugno perché dal suo curriculum pubblicato sul sito del ministero mancava l’incarico (dal 2013 al 2015) nel consiglio di amministrazione di Banca Etruria, che le era costato anche una multa di Bankitalia pari a 121mila euro. Non solo: dopo il commissariamento di Etruria Bugno era entrata nel comitato per le Olimpiadi a Roma, che Virginia Raggi ha fatto saltare, prima di entrare in Alitalia al seguito di Montezemolo: il figliastro del ministro è stato anche il suo addetto stampa per qualche tempo. E guarda caso proprio su Alitalia si è creata una frizione tra la Bugno e i 5 Stelle. Cosa ha fatto la consigliera? Ha detto a Tria che il piano voluto da Di Maio per far comprare Alitalia alle Ferrovie dello Stato non sta in piedi.

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E oggi il responsabile di via XX Settembre ha usato i giornali come cassetta della posta per inviare segnali di ostilità, dicendosi indignato perché è stata messa in mezzo la sua famiglia e prefigurando per la miliardesima volta da quando è al MEF le dimissioni.

Ma quando si grida troppo spesso “Al lupo, al lupo”, come insegna la favola di Pierino, si rischia di diventare inefficaci. Anche perché, come ha scritto il Corriere, le lamentele nei confronti del curioso attivismo di Bugno nelle stanze del ministero di Tria sono arrivate anche dai top manager di due grandi società, Poste e Leonardo.

Sbaglia però il MoVimento 5 Stelle quando si concentra sull’eccesso di “renzismo” della Bugno: il problema è piuttosto che la consigliera ha sgomitato troppo in questi mesi sui dossier più importanti, cercando di imporre la sua influenza (e i suoi nomi) nei posti di competenza del ministro.

Il quale invece dovrebbe evitare di piangere per interposto giornale e rendersi conto che se il suo figliastro viene assunto dal compagno della sua consigliera, è normale che la gente mormori. E gridi “Attenti al lupo”. Solo che stavolta a lanciare l’allarme sono i suoi colleghi di governo.

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