Borghezio: “Per fermare la Padania, lo Stato infiltrò i terroristi rossi nella Lega”

“Avevano capito che l’ipotesi di uno sconvolgimento nazionale con la creazione di uno Stato indipendente al nord era seria, ed ebbero la simpatica idea di approfittarne per creare un movimento analogo al sud pilotato della mafia. Ma quella gente con noi non c’entrava nulla”. Militante della prima ora e parlamentare leghista di lungo corso, oggi  fuori dalle liste per il parlamento europeo per la prima volta da 18 anni a questa parte, Mario Borghezio racconta a Guido Ruotolo della Lega ai tempi della secessione.

“La Lega è stato l’unico movimento rivoluzionario nato nel dopoguerra, voleva veramente cambiare il Paese. Bossi fu un vero capo rivoluzionario paragonabile a Mazzini, Garibaldi”, dice Borghezio. “Il suo merito non fu solo l’invenzione del mito della Padania, noi credevamo davvero nella creazione di uno Stato”. Tentativo imitato anche a sud. È rimasta nella storia la riunione di Lamezia Terme del ’93 dei “leghisti del sud”, cui parteciperanno personaggi come Ciancimino, e i fratelli Graviano. “Usurpatori del nome”, dice Borghezio, “Io feci la prima manifestazione antitav e antimafia alla vigilia delle elezioni del 2001. Organizzammo un corteo in Val di Susa perché consideravamo la Tav  un grosso regalo alla ‘ndrangheta”.

Come mai, oggi che Salvini sta traghettando Casapound, Forza Nuova, l’estrema destra nella legittimazione politica, voi siete esclusi. Non è un paradosso? “La Lega nasce dalla fusione dei movimenti autonomisti, in cui c’era di tutto un po’. Nel periodo della secessione abbiamo avuto un travaso di quadri che venivano da quelli a sinistra dell’estrema sinistra. C’era anche gente che veniva da Prima Linea. Lo Stato ci infilò un pentito, lo fece ufficiale delle camicie verdi”.

“C’erano anche diversi Stati importanti che erano pronti a riconoscere l’indipendenza della Padania”, continua Borghezio che preferisce non scendere nei particolari “perché Bossi non mi ha autorizzato. Questo per dire che la secessione non fu una pagliacciata, ma un vero tentativo di creare uno Stato. Noi ci credemmo, ma venimmo impapocchiati. Ma al momento decisivo, quando Bossi avrebbe dovuto trovare un esercito, si guardò indietro e vide che…”