La deportazione dei richiedenti asilo alla caserma Cavarzerani di Udine

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La Prefettura di Udine ordina a sorpresa di portare famiglie di donne, bambini e persone vulnerabili alla ex caserma Cavarzerani. Le associazioni: "Ci opporremo nella legalità alla deportazione delle famiglie e delle donne e dei casi a rischio suicidio... ma non si era mai vista tanta violenza istituzionale"

L’ingiunzione è partita dalla prefettura di Udine il 30 aprile alle 19:05 con una comunicazione giunta via PEC: l’associazione OIKOS Onlus e il Centro Balducci devono trasferire 70 richiedenti asilo all’ex Caserma Cavarzerani che fino ad ora avevano trovato ospitalità e assistenza nelle strutture che si occupano di accoglienza.

L’ordine della prefettura

Dal primo maggio, giorno in cui sono scadute le convenzioni per la gestione dell’accoglienza, tutti devono essere trasferiti nell’ex caserma, finora utilizzata per la prima sistemazione dei richiedenti asilo. Una scelta che le associazioni definiscono come una vera e propria deportazione. Che colpisce persone con invalidità, disagi psichigi e donne incinte con bambini a carico.

Oikos e Centro Balducci, fa sapere RaiNews, hanno ottenuto una proroga di 48 ore, ma preannunciano battaglie legali e un appello alle famiglie udinesi ad adottare a loro volta i richiedenti asilo: “La Cavarzerani può contenere fino a un massimo di 320 persone, con una deroga supplementare del 20 per cento in caso di emergenza – dice a Repubblica Giovanni Tonutti, presidente di Oikos – . Al momento, gli ospiti sono 170. Va da sé come, con quelli che vi si intende mandare, i numeri non tornerebbero più. È una situazione non umana a cui il prefetto potrebbe ovviare attraverso una proroga, oppure con l’affidamento diretto, in attesa del giudizio del Tar (davanti al quale è stato impugnato il bando per l’assegnazione dei 1.100 posti in appartamento e che si esprimerà il 28 maggio, ndr)”. Tra le persone da trasferire alla Cavarzerani c’è anche una donna incinta e gravemente invalida.

La deportazione della caserma Cavarzerani

All’ex caserma Cavarzerani devono anche arrivare altri 245 richiedenti asilo che erano stati ospitati in una decina di alberghi della provincia con l’ausilio della Croce Rossa. Loro avrebbero dovuto finire in appartamenti ma il bando per l’accoglienza ha trovato disponibili soltanto 700 dei 1100 posti chiesti dalla prefettura. La OIKOS Onlus aveva presentato un’offerta che però superava i 21 euro giornalieri imposti dal ministero nella “stretta” del Decreto Sicurezza e per questo è stata esclusa.

Intanto per Udine la storia si trasforma in emergenza programmata, tanto che OIKOS e Centro Balducci in una nota parlano “di un disegno complessivo volto a condurre rapidamente alla creazione nella città di Udine di un sistema che ammassa le persone, anche in grande soprannumero e senza che vi sia alcuna reale emergenza, dentro un unico grande contenitore totalmente inidoneo nel quale creare disagio ed esclusione sociale nonché determinando un grave spreco di risorse pubbliche”.

La risposta della prefettura

“Sapevamo da un mese che i nostri ospiti sarebbero transitati in altri enti di accoglienza – spiega a Friulisera l’operatrice Anna Paola Peratoner – e mercoledì 17 aprile mi ero recata personalmente dal Prefetto con Giovanni Tonutti presidente di OIKOS per garantire una transizione per tutti i nostri casi vulnerabili (persone seguite dai servizi psichiatrici, donne sole con figli, donne in cinta a rischio, famiglie con bambini scolarizzati) e avevamo avuto rassicurazioni dal Prefetto in tal senso, ma ieri ci è arrivata la comunicazione che vanno spostati domani 2 maggio tutti, ma proprio tutti, in Cavarzerani, a fronte di relazione dettagliata su tutti i casi a rischio che abbiamo. Ci opporremo nella legalità alla deportazione delle famiglie e delle donne e dei casi a rischio suicidio… ma non si era mai vista tanta violenza istituzionale”.

“In realtà – risponde a Telefriuli il prefetto di Udine, Angelo Ciuni – si tratta di uno spostamento solo temporaneo, che durerà solamente il tempo necessario fino a quando non si concluderà la procedura di bando”. “I bandi europei, si sa, sono lunghi – ha sottolineato Ciuni -; quindi questa è una decisione necessaria fatta in maniera limpida anche a tutela delle stesse persone coinvolte”.

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