Claudio Gatti: “Così i postnazisti si sono infiltrati nella Lega”

“Chiedersi se Matteo Salvini sia fascista non è solo un esercizio inutile, è un grave errore. Perché vuol dire cercare quel che non c’è. Il fascismo è finito con Mussolini. Quella che non si è mai spenta è la fiamma culturale e ideologica che lo ha alimentato”. Il giornalista d’inchiesta Claudio Gatti racconta alle telecamere di Servizio Pubblico di come, dai tempi di Bossi fino ai giorni nostri con Matteo Salvini, la Lega Nord sia sempre stato un partito infiltrato dai movimenti di ultradestra, postnazisti.

“Avevano capito che la strada per il neofascismo era un vicolo cieco, che si sarebbero scontrati con gli anticorpi democratici della società. Serviva loro una terza via, un corpo politico senz’anima da contaminare. Il veicolo perfetto si rivelò la Lega, con un leader opportunista come Umberto Bossi che fatto salvo l’etnoregionalismo, ovvero la superiorità dei Padani, non era ideologicamente connotato”.

Attraverso i racconti della gola profonda Alberto Sciandra, “quasi un eroe della democrazia”, lo definisce il giornalista, Gatti ricostruisce alcune pagine della storia italiana ancora rimaste nell’ombra, fino ad arrivare a Matteo Salvini. “Un postnazista? No, così come non lo era neppure Bossi. È un banchiere politico, un utilizzatore e venditore di derivati fascisti con cui si è arricchito, usandoli cinicamente per emergere e rimanere al centro dell’attenzione nazionale”.

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